Non è facile esternare un pensiero a caldo, anche perché il mio stato emozionale avrebbe voglia di urlare per l’ennesima sconfitta della politica italiana.
Parto dalla fine della crisi di governo segnata dalle parole severe ma giuste del nostro Presidente della Repubblica, Mattarella, che ha in meno di sette minuti reso plastica questa sconfitta e indicato una nuova via.
La nuova via è l’incarico a Draghi e Draghi nell’accettare l’incarico ha chiaramente parlato di “unità d’intenti”. Naturalmente in molti di noi il primo pensiero che è aleggiato è quello di Monti e della catastrofe successiva del centro sinistra e della sinistra, dell’avvento di Renzi e della crescita prepotente dei sovranisti.
Insomma che uno spettro si aggiri per l’Italia e che questo spettro non si chiami comunismo ma confindustria è la preoccupazione di molti; preoccupazione ben fotografata dalla crescita della borsa e dal calo dello spread.
Ma sarà proprio così? Dipende. Io penso innanzitutto che ci troviamo di fronte ad un quadro politico ed economico molto diverso, ed anche ad un Presidente della Repubblica molto diverso. La situazione economica era sicuramente gravissima ai “tempi di Monti” ma era la sola Italia che doveva rispondere ad una Ue austera. Napolitano scelse la via del governo tecnico a mio parere in modo errato, perché le elezioni in quel momento non avrebbero creato gravi contraccolpi, ed inoltre si sarebbe evitata la successiva crescita esponenziale del centrodestra con il centro sinistra che si sacrificò per il bene dell’Italia, sacrificio in realtà delle classi sociali più deboli. Oggi il quadro è appunto diverso, oggi l’Europa mette a disposizione un supporto economico rilevante per la ripresa e la pandemia non è un evento purtroppo localizzato. Ed anche il quadro politico è completamente diverso per pesi parlamentari.
Ma cosa vuol dire per me “dipende”? Dipende innanzitutto dal fatto che Draghi riesca ad avere i numeri per governare ed anche chi sarà il portatore di questi numeri. Ricordiamoci che più si allarga l’alleanza ed esponenzialmente si ampliano le differenze. Poniamo che anche tutte le forze si uniscano ecco che il mes sanitario continuerebbe ad essere tema di scontro perché dichiaratamente non voluto da 5S, Lega e FDI. E sul recovery found non vi sarà sfuggito che Salvini vorrebbe solo la parte ad interessi zero, circa 80 milardi, e non i restanti 120. E sul come utilizzare queste risorse si aprirebbero altri varchi legati a chi più pensa alla sostenibilità e chi più pensa alla crescita. Ci siamo poi dimenticati quali differenze politiche ci sono sulla scuola? E sul blocco dei licenziamenti e sugli ammortizzatori sociali? Non parliamo poi della Sanità con la destra innamorata del modello lombardo e delle sue privatizzazioni. Insomma rispetto alle tante richieste di avere programmi buoni per l’Italia ecco che ora ci troviamo ad avere un possibile primo ministro senza sapere quale programma. E se sarà un programma collante rischierà di essere di basso profilo per trovare il minimo comun denominatore, a meno che Draghi abbia un superpotere da far accettare a forze distanti politiche fino ad ieri inaccettabili.
Torniamo ora un passo indietro e parliamo del secondo governo Conte. Anche al nostro interno le critiche su Conte e sul suo “trasformismo” sono sempre state esplicitate, come anche non sono mancate le nostre continue critiche per la scarsa attenzione mostrata al nostro mondo tra ristori ancora sospesi, un tentativo di introdurre la tematica dell’iva in maniera subdola, la chiusura discriminatoria delle nostre attività. Eppure era un governo che stava operando discretamente in mezzo a difficoltà improbe mai accadute nella storia repubblicana. Un governo con cui era attiva comunque una interlocuzione che ci aveva portato ad ottenere risultati e a sperare di ottenerne altri. Invece ora ripartiamo dall’inizio, nuove interlocuzioni da riprendere e altro tempo perso con tutte le conseguenze che ciò comporta per le nostre basi associative
Inoltre questa alleanza, seppur in alcuni casi male assembrata e anche non sempre con figure di qualità poteva essere il preludio per una interessante stagione politica. Tutta sicuramente da decifrare, ma una osmosi dal rapporto 5s, PD, Leu e dal rapporto con il mondo della diaspora della sinistra poteva dare risultati insperati e il ponte era, che che se ne dica, Giuseppe Conte.
Se allarghiamo lo sguardo la crisi imposta da Renzi è una crisi voluta da chi non voleva che la gestione delle risorse fosse nelle mani di un certo quadro politico. Un quadro politico che nel mezzo della crisi respingeva ad esempio la spinta di Confindustria di togliere il blocco dei licenziamenti, una Confindustria che criticava i sussidi per le fasce deboli ma li rivendicava per il suo mondo. Ora l’impegno delle realtà politiche che avevano costituito la precedente maggioranza è impedire che questo avvenga, che si incrementi l’ingiustizia sociale, che a pagare siano sempre e solo le fasce più deboli.
Su Renzi e Italia Viva non ho voglia di spendere molte parole. Vi invito a trovare in rete l’articolo di quando, da segretario della Margherita di Firenze, ritirò i suoi assessori dalla maggioranza ulivista e le modalità con cui gestì la crisi. Renzi è sempre stato coerente con il suo progetto. E qualcuno anche nel pd è rimasto sentimentalmente legato al senatore e questo ha sicuramente aiutato più Renzi che non Zingaretti.
Concludendo la mia razionalità mi porterebbe a dire al voto, ma il mio sentimento mi dice di provare ad aspettare. “Strano!”, potreste pensare, ma in realtà oggi rispetto a chi dice che la razionalità è aspettare io mi ribello civilmente. La razionalità, visto quanto è accaduto, mi porterebbe al voto per responsabilizzare e demolire chi ha voluto la crisi, e per dar vita a quel cantiere per una nuova sinistra che verrà sicuramente fermato dal governo istituzionale e che rischierà di rimanere al palo a fine legislatura. Il sentimento, questo maledetto sentimento che pervade chi realmente è di sinistra e che non ha interessi o poltrone da difendere, è quello che bisogna provare a salvare questo Paese, sapendo poi che non sempre chi viene salvato ti ringrazia.
[Massimo Cortesi, presidente Arci Lombardia]
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