In queste ore si fanno sempre più insistenti le minacce di un’azione militare di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna contro la Siria. Ancora una volta la scelta statunitense, francese e inglese per la risoluzione di una crisi politica e umanitaria è quella dell’intervento militare unilaterale.
Il governo italiano, pur unendosi alla unanime condanna internazionale per l’attacco chimico condotto nella periferia di Damasco, ha per ora opportunamente escluso qualsiasi coinvolgimento del nostro Paese in una operazione militare che non abbia il mandato delle Nazioni Unite.
L’Arci, da sempre impegnata per la pace e il dialogo, ribadisce che in nessun caso è ammissibile un’azione militare oggi in Siria e che il nostro paese non deve partecipare né offrire supporto logistico ad un eventuale intervento.
Venticinque anni di interventi “umanitari”, o altrettanto falsamente motivati, dalla ex-Jugoslavia all’Afghanistan, all’Iraq, alla Libia hanno dimostrato che con le bombe non si risolvono le crisi ma si aggiunge violenza alla violenza, sangue al sangue, si producono distruzioni e sofferenze per le popolazioni civili indifese, si alimentano terrorismo e fondamentalismo.
L’Arci ha sempre difeso e appoggiato le strade del dialogo e del coinvolgimento delle Nazioni Unite nella risoluzione dei conflitti, sostenendo solo le azioni di peacekeeping militare svolte sotto l’egida e con il mandato delle Nazioni Unite.
Anche oggi in Siria l’unica via di uscita, pur se di difficile attuazione, è quella del cessate il fuoco, dell’arbitrato internazionale e della interposizione, della diplomazia e della pressione internazionale, per lasciare aperte al dialogo le porte che un attacco militare chiuderebbe con gravissime conseguenze sulla stabilità di tutta l’area mediorientale, per aprire lo spiraglio a una soluzione politica.
La comunità internazionale deve usare ogni strumento legittimo in suo possesso per fermare il regime dittatoriale di Assad che spara sulla popolazione, ma anche i signori della guerra e del terrore che hanno egemonizzato la rivolta armata. E per sostenere e restituire la parola a coloro, donne, giovani e democratici, che avevano iniziato la rivolta popolare nonviolenta, che la repressione prima e la guerra poi hanno travolto.
La comunità internazionale e in primis l’Europa e l’Italia devono assumere protagonismo nella salvaguardia della popolazione civile e dei profughi, impegnare risorse a sostegno delle agenzie umanitarie e delle ong che assistono le vittime civili.
La pace, la giustizia e la democrazia si affermano e si rafforzano dove si investe in percorsi di solidarietà e cooperazione tra comunità, dove si sostengono e si aiutano le forze democratiche e di progresso, dove si percorre l’opzione politica e diplomatica, non certo con l’uso delle armi. La storia, passata e attuale, lo dimostra.
Arcireport, 28/08/2013
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