Il 25 agosto del 1989 moriva nelle campagne di Villa Literno Jerry Essan Masslo, rifugiato sud africano che lavorava come bracciante nella raccolta di pomodoro. La reazione della società civile dopo quel vile omicidio rappresentò l’atto di nascita del movimento antirazzista italiano. Il 7 ottobre del 1989 a Roma ci fu la prima grande manifestazione antirazzista, con centinaia di migliaia di persone in piazza, e tra queste per la prima volta, anche molti migranti.
Dichiarazione di Filippo Miraglia, vicepresidente nazionale Arci
Il 25 agosto del 1989 moriva nelle campagne di Villa Literno Jerry Essan Masslo, rifugiato sud africano che lavorava come bracciante nella raccolta di pomodoro. La reazione della società civile dopo quel vile omicidio rappresentò l’atto di nascita del movimento antirazzista italiano.
Il 7 ottobre del 1989 a Roma ci fu la prima grande manifestazione antirazzista, con centinaia di migliaia di persone in piazza, e tra queste per la prima volta, anche molti migranti.
Il Parlamento, anche sulla spinta di quella reazione, approverà dopo pochi mesi la prima legge sull’immigrazione (la cosiddetta legge Martelli), eliminando la cosiddetta “riserva geografica” e consentendo, come già succedeva in tutti gli altri Paesi europei, a chiunque (e non solo a quelli che arrivavano dall’ex blocco sovietico) di chiedere asilo, secondo quanto previsto dall’art.10 della nostra Costituzione e dalla Convenzione di Ginevra.
Jerry Masslo è diventato il simbolo del movimento antirazzista e un esempio di come, in Italia, di razzismo si può anche morire.
Nell’estate del 1990 un gruppo i giovani antirazzisti, con il sostegno dell’ARCI e dell’associazione Nero e Non Solo, proprio a Villa Literno daranno vita al ‘villaggio della solidarietà’, che per tutta l’estate accoglierà migliaia di braccianti stranieri, altrimenti costretti a vivere in baracche di fortuna nella campagne casertane.
Il ‘villaggio della solidarietà’, prima esperienza di impegno sociale concreto contro il razzismo e per i diritti dei migranti, realizzata da un’associazione laica e democratica, contribuì anche a denunciare l’assenza dello Stato e dimostrò che era invece possibile mettere in campo risposte concrete.
A 25 anni di distanza quei problemi non solo non sono stati risolti ma si sono aggravati.
Il razzismo ha fatto tante altre vittime, la condizione dei lavoratori e delle lavoratrici migranti nel nostro Paese è peggiorata, l’accoglienza, in agricoltura così come per i rifugiati, non ha ancora trovato risposte dignitose ed efficaci.
L’Italia continua a guardare all’immigrazione con una atteggiamento miope e troppo spesso irresponsabile.
Il razzismo è diventato una merce disponibile nel mercato elettorale, conquistando uno spazio sempre maggiore nella cultura del nostro continente, come le ultime elezioni europee hanno dimostrato.
Per invertire la tendenza e fare in modo che l’indignazione, come 25 anni fa, si trasformi in un movimento di protesta ampio, che consenta di ottenere risultati concreti, fermare le stragi alle frontiere, ridare dignità ai migranti che lavorano in Italia, ottenere un sistema d’accoglienza dignitoso, la società civile deve tornare ad essere protagonista.
Dall’1 al 5 ottobre l’ARCI, con il comune di Lampedusa e il Comitato 3 ottobre, invita tutti a Lampedusa per il festival Sabir. L’antirazzismo riprende la parola.
24 agosto 2014
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