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ARCI/ Una legge di stabilità che non riduce le disuguaglianze e non avvia un nuovo modello di sviluppo

admin novembre 6, 2015 campagne

di Francesca Chiavacci, presidente nazionale Arci

La discussione sulla legge di stabilità sta animando la politica italiana e pensiamo che anche la nostra associazione possa e debba dare una valutazione, a partire da quelli che sono gli argomenti che ci riguardano da vicino, nella consapevolezza che si tratta comunque dell’atto legislativo che rappresenta più di altri la simbologia della strategia di risanamento e sviluppo che si intende dare al nostro paese.

Oltre alla questione principale, quella dell’occupazione, su cui a oggi i sindacati hanno espresso giudizi severi sull’insufficienza delle misure lì introdotte, ci preme soffermarci su quella su cui più volte siamo intervenuti negli ultimi mesi: quella della crescita della povertà e dell’aumento delle disuguaglianze economiche e sociali tra i cittadini italiani.

E diciamo subito che le risorse previste nel provvedimento (600 milioni) nel 2016 e 1 miliardo nel 2017 non sono, a nostro parere, sufficienti per dare una risposta: la loro distribuzione ai  2 milioni e seicentomila famiglie che vivono in povertà assoluta equivarrebbe a 34 euro lordi e anche se il conto si facesse sulle sole famiglie con figli minori in povertà assoluta, si arriverebbe a un incremento di risorse a famiglia pari a circa 50 euro lorde al mese.

Se a questo si aggiungono i tagli alle Regioni e agli Enti Locali, che significheranno sicuramente tagli ai servizi, quelli di alcuni Fondi nazionali (autosufficienza, infanzia) si può già immaginare che le condizioni di diseguaglianza non solo non cesseranno, ma andranno ad aumentare.

Anche perché si è scelto (addirittura con un ritorno indietro rispetto a ciò che si era annunciato) di non agire la fiscalità sui redditi e i patrimoni più ricchi per trovare risorse per tutti questi ‘nuovi poveri’.

Il semplificante mantra ‘meno tasse’, sembra non spiegare quanto attraverso la progressività del nostro sistema fiscale e la lotta all’evasione si potrebbero trovare risorse per i servizi e per l’inclusione sociale. Una crescita possibile attraverso investimenti nella cultura e nell’istruzione (al di là dei famosi 500 nuovi professori che richiameremo dall’estero, che non è ancora chiaro come e con che criteri) non si trova, all’interno della legge: niente di aggiuntivo per gli enti di ricerca, niente per le decine di migliaia di precari e precarie che di fatto mandano avanti l’Università italiana. Non è il solo argomento su cui all’annuncio non corrisponde un investimento reale: i 100 milioni di euro di incremento sul fondo relativo al servizio civile annunciati in TV non ci sono, ce ne sono solo 2 milioni in più, e si ritrovano invece gli aumenti delle  spese militari (fregate, Eurofighter).

In uno dei Paesi con la più grande evasione fiscale d’Europa, dove l’uso del contante è doppio rispetto alla media UE, si è provveduto invece all’innalzamento dell’uso del  contante possibile da 1000 a 3000 euro, misura che ha suscitato perplessità non solo nelle associazioni che si occupano di antimafia sociale e legalità, ma persino nel Commissario Cantone, di nomina governativa.

Insomma, per ora a noi questa legge non piace, e non ci sembra che la visione che la ispira sia quella che secondo noi, Arci, servirebbe per ridurre le disuguaglianze sociali del nostro Paese e avviare un nuovo modello di crescita e sviluppo.

ArciReport numero 38, 5 novembre 2015

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