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Guerra ai migranti, negli Usa e in Europa

admin febbraio 6, 2017 campagne

di Filippo Miraglia, vicepresidente nazionale Arci

 

Il razzismo di stato del neo presidente degli USA dimostra che i principi della democrazia moderna non sono dati una volta per tutte. Il turbo capitalismo finanziario non solo mina i principi delle costituzioni democratiche, a partire dal principio di uguaglianza, ma punta ad affermare modelli che sono l’esatto contrario della democrazia.

In un sistema democratico ciò che conta è che chiunque vinca  le elezioni garantisca i diritti di tutti, in primo luogo quelli delle minoranze. I giudici da soli non possono rimediare ai guasti della politica, come si vede nel caso dei provvedimenti firmati da Trump, contro i quali si è per fortuna levata  una grande protesta popolare.

Intanto cresce  la rabbia di chi ha visto peggiorare le proprie condizioni di vita, rabbia che viene strumentalmente indirizzata verso l’immigrazione e il mondo islamico. In Europa e in Italia ci sono state reazioni anche molto critiche alle decisioni del presidente americano, mentre la destra xenofoba si augurava che simili misure venissero adottate anche da noi.

Le istituzioni europee e i governi in realtà stanno da tempo muovendosi nella stessa direzione. L’accordo con la Turchia è servito a impedire ai rifugiati siriani e iracheni (due dei Paesi colpiti dal provvedimento di Trump) di arrivare in Europa. Venerdì prossimo, a La Valletta, capi di Stato e di governo dell’UE s’incontreranno per discutere di flussi migratori nel mediterraneo centrale.

L’obiettivo, dopo aver chiuso la rotta balcanica, è quello di chiudere anche la rotta che passa dalla Libia, stanziando 200 milioni di euro per formare ed equipaggiare la guardia costiera libica e per favorire i ritorni volontari dei migranti verso i Paesi d’origine. Un finanziamento che viene ipocritamente presentato all’interno di un quadro di cooperazione internazionale. La verità è che, come per l’accordo con la Turchia, si vogliono  esternalizzare le nostre frontiere, chiedendo all’instabile governo libico di fermare l’immigrazione per conto dell’UE. E presentando questa operazione come una forma di aiuto ai Paesi d’origine o transito dei migranti.

In questo quadro, il Fondo italiano per l’Africa, così come in generale gli aiuti allo sviluppo,  rischiano di diventare lo strumento per finanziare accordi con governi o regimi che si impegnino ad attuare politiche aggressive di controllo delle frontiere e contenimento dei flussi. Questa sarà probabilmente la linea che verrà confermata dal prossimo vertice a La Valletta, un favore ai regimi dittatoriali e ai trafficanti di esseri umani. Non si vuole prendere atto che l’emigrazione rappresenta, con le rimesse e con le relazioni che s’innescano, il principale fattore di sviluppo delle comunità locali nei Paesi di provenienza.

È importante che il governo italiano usi il Fondo Africa per far fronte alle cause che determinano i fenomeni migratori, sostenendo attivamente le comunità locali, incentivando le loro economie, producendo occupazione, difendendo i diritti umani.

Va valorizzato il ruolo delle Ong come soggetti attuatori delle azioni di solidarietà, aiuto umanitario e di sviluppo comunitario che il Fondo metterà in campo. Deve essere garantito l’accesso alla procedura d’asilo a chiunque ne faccia richiesta.

È infine necessario che il Parlamento vigili attentamente sui contenuti del decreto d’implementazione del Fondo per l’Africa e in particolare sugli aspetti che riguardano i diritti e le libertà delle persone.

Si impedisca all’UE di criminalizzare le organizzazioni umanitarie che operano al largo della Libia per mettere in salvo le persone in cerca di protezione e si cancelli qualsiasi forma di guerra ai migranti praticata impiegando le nostre forze armate o quelle di altri Paesi.

Solo realizzando canali d’ingresso sicuri e legali si può salvaguardare la vita delle persone, combattere scafisti e trafficanti, fermare la tragica conta delle morti nel Mediterraneo.

ArciReport numero 4, 2 febbraio 2017

 

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