di Franco Uda, presidente Arci Sardegna
Sulla tragedia immane che si è abbattuta sulla Sardegna siamo certi che si scriverà tanto, per troppo poco tempo, dando risposte sbagliate a domande inadeguate.
Il dramma collettivo che vive in queste ore l’Isola ha dei risvolti nella vita privata delle persone e delle famiglie che piangono i 18 morti, tra cui 2 bambini, che anelano nella ricerca di 6 dispersi, che si disperano tra le migliaia di sfollati.
Quando l’area coinvolta è così vasta e in 12 ore ti frana addosso tanta acqua quanta generalmente ne arriva in forma di pioggia in 6 mesi, sembra che l’uomo possa essere spogliato da ogni forma di responsabilità e realizzi di non essere il padrone del pianeta.
Ma quando si pensa ai livelli raggiunti dalle scienze e dalla tecnologia viene legittimo il dubbio che in tanti secoli siamo forse molto più vicini a Marte ma affrontiamo gli avvenimenti naturali con la stessa impotenza dei cavernicoli.
Non si tratta di fare braccio di ferro con la natura, si tratta di utilizzare l’intelligenza dell’uomo indirizzando la ricerca scientifica e tecnologica per prevedere questi fenomeni, per progettare in sintonia con l’ambiente, per ridefinire assetti urbanistici e idrogeologici a rischio.
Per fare questo bisogna prendere decisioni che scelgano strade precise, senza ambiguità e con convinzione: è su questo, prima che su molto altro, che la politica fallisce ogni giorno, tanto nelle celebratissime conferenze mondiale sul clima, quanto con strumenti di vincolo al bilancio che potrebbero liberare risorse per la cura del territorio.
ArciReport, 19 novembre 2013
Comments are closed.