Appena poche ore dopo l’assassinio dell’ambasciatore russo in Turchia, per mano di un agente delle forze di scurezza turche che ha gridato di volere “vendicare” – come se ciò fosse possibile aggiungendo violenza a violenza – la mattanza infinita in atto ad Aleppo, si aggiunge alla lunga striscia di sangue un altro tragico fatto.
Un Tir irrompe in un mercatino natalizio nel centro di Berlino e lascia sul terreno 12 morti e decine di feriti. La polizia tedesca pare non avere dubbi sulla matrice terroristica dell’attentato, la cui dinamica è simile a quello di Nizza di qualche mese fa. Anche se in questo caso non c’è stata finora nessuna rivendicazione.
La spirale guerra-terrorismo continua ad avvitarsi e a stritolare vittime del tutto ignare nel mondo intero. Il terrorismo non ha bisogno di sofisticati strumenti o armamenti per seminare morte. Li può trovare ovunque, come le persone che li agiscono, spinti a ciò da una ideologia nichilista, ammantata di illusori velami religiosi, che considera la vita umana, compresa quella degli attentatori, come puro nulla.
Non è facile combattere un nemico così. Ma il modo peggiore di farlo è usare la guerra, esportandola o alimentandola nelle zone del mondo già soggette a terribili ingiustizie sociali, a regimi paradittatoriali, alla miseria dilagante. In questo modo non si fa che accrescere la disperazione e la disumana convinzione che tutto sia meglio, compresa la morte propria e altrui, piuttosto che la vita in quelle condizioni.
La lacerante ferita di Aleppo lo dimostra. Non sono bastati al mondo le stragi delle guerre balcaniche, la condanna di intere generazioni alla dimensione della guerra e della violenza quotidiane, come nel conflitto palestinese-israeliano. La storia non insegna nulla ai potenti, lo abbiamo visto anche in epoche passate. Ma può e deve spingere le popolazioni ad unirsi in un movimento mondiale per la pace; per lo stop immediato dei massacri ad Aleppo; per la soluzione della guerra civile siriana, matrice di molte altre; per la condanna di quei regimi che cancellano le possibilità di vita per le minoranze e di democrazia per il loro intero popolo, come in Turchia.
Si levi un grido di dolore e di indignazione e lo si trasformi in un’azione di pace. L’Arci, da sempre impegnata su questo terreno, moltiplicherà i suoi sforzi in questa direzione.
Roma, 20 dicembre 2016
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